venerdì 9 gennaio 2009

BLATTA


Il signor 5 vive in una scatola. In cui ci sono un letto, un bagno, un tubo per mangiare, un pc e una valigetta.
Il signor 5 lavora in una scatola. In cui c'è uno schermo e due tasti. "Y" e "N".
Il signor 5 si sposta dalla prima scatola alla seconda scatola tramite una scatola.
Il signor 5 vive con uno scafandro addosso.
Il signor 5 non ha sempre vissuto in questo modo, pare di capire, deve aver avuto dei genitori, parenti, amici, amori, cose così. Ma queste sono troppo per lui.
Le scatole vanno meglio. L'atmosfera tutto intorno fanno presagire che non sia l'unico ad aver preso questa decisione.
Un giorno la scatola che lo strasporta dalla scatola 1 alla scatola 2 ha un guasto e il signor 5 si trova fuori da queste scatole.

Così, più o meno, comincia "Blatta" la prima opera sia scritta che disegnata da Alberto Ponticelli. Edita da Bloom in una veste lussuosa, curata, con una sottile vena di spirito maranza che non può mancare. Il formato e la scelta delle carte Alberto lo prende in prestito da Akab e dal suo Nixon, come affettuoso omaggio.

La storia si sviluppa in una sorta di "1984" post-qualunquecosa in cui non c'è nessuno, nemmeno il Grande Fratello.
Ci sono solo scatole, silenzio, vegetazione selvatica, tubi, condotti, cemento e spruzzi di china. C'è una storia d'amore, qualcosa succede. Ma la bellezza di questo libro non sta lì. Non sta nella sequenza dei fatti o delle parole. Sta in mezzo a tutte queste cose.
La storia fila, indiscutibilmente, ed è piacevole da leggere come osservare un bel meccanismo.
Questo libro è bello. Molto. Ed è tragico.
Ponticelli sceglie di abbandonare completamente le chine, i colori e la frammentazione della tavola di scuola yankee a cui ci aveva abituato. Il tratto a matita è nervoso, spezzato, spesso esplode, si sfilaccia, si riempie di frammenti. Si sporca con acquerello, acqua sporca, spruzzi ed effetti digitali. Il risultato è raggelante. Nonostante i segni dei gesti e della vita spesa sopra quelle tavole siano evidenti queste rimangono ghiacciate. In un ordine casuale che è ordine e raziocinio lucido, freddo e distaccato. Così il mondo terribile in cui il signor 5 si muove non ha più niente a che vedere con i mondi cui ci ha abituato il fumetto. Oltrepassa anche il cinema. La parte visiva stessa del fumetto diventa letteratura.
Suggerendo forme e atmosfere Ponticelli crea un impatto emotivo più vicina a quello di certa musica. Dalle parti dell'Industrial o del Noise. Quella musica che mozza il respiro e che senti in pancia e neglia avambracci che si tendono. Così come il respiro manca nelle vertiginose prospettive e nelle gelide pareti, così astratte da risultare inconfondibilmente reali.
Quella è Milano tra 10 anni. E' Parigi o Vienna o Barcellona. O forse è già ora.
Perchè qui il trucco dell'allegoria non funziona. Nulla è simbolo di nulla.
Le metafore rosicchiano la gonna alla realtà lasciandola praticamente nuda, i disegni risultando più reali che se fossero foto.
Più inquietanti che se fossero foto di te.